LA FAGIOLATA DI SAN GIULIO
TRA STORIA E TRADIZIONE
Di Gavinelli Gian Michele
Ci sono ricorrenze che lasciano un segno indelebile, anche con il passare dei secoli, delle usanze e dei costumi. Una di queste feste, per la quale nella gente della zona di Bellinzago mai si attenua il ricordo, è quella dedicata al patrono della Badia, San Giulio, la cui venuta sul Terdoppio è legata alla storia stessa di Dulzago. Ritorna ultima domenica di gennaio la festa patronale di San Giulio, una festa di famiglia, una ricorrenza sentita e partecipata dai pochi abitanti della Badia di Dulzago e dai fedeli del Santo. Ben raccolta e chiusa nei suoi cortili, la Badia sorge sopra un colle, come una visione fantastica, tanto pittoresche sono le vecchie case screpolate che si aggrappano all'edificio medievale del convento e difendono la chiesa: due costruzioni che reggono abbastanza ai secoli, benché abbiano da tempo compiuto gli ottocento anni.

I calderoni 

Bene ha scritto il parroco, padre Mario Airoldi "Chissà come videro questo colle i primi benedettini (lasciateci pensare che furon loro i primi), quel primo drappello venuto a cercare, con occhio sapiente di acque e di terre, di lune e di stagioni, di pietre e di archi, venuto a cercare un luogo dove insediarsi: uno sciame migrato da chissà quale alveare, per creare un arnia alla loro vita laboriosa e pacifica"

Forse, a rendere più partecipata la festa di San Giulio, è quell'intimo bisogno di raccogliersi un poco in quella piccola chiesa, con le tre navate volte a Oriente, di meditare, di pregare, e forse di veder affiorare da quel volto di legno del santo un sorriso che infonderà coraggio e speranza.

"Sembra di vederlo, il santo costruttore, intento a battezzare nel rozzo fonte di pietra i contadini dei nostri antichi villaggi, i pagani appunto, strappati alla radicata devozione dei vecchi numi protettori di campi e raccolti (c'è sempre un san Simon patrono dla losna e dal tron) e a costruire ruvide chiese e ad andare oltre, di plaga in plaga, fino all'isola pietrosa, con il suo codazzo di serpi e dragoncelli, dietro il mantello navigatore, come nella statua della nostra chiesa." (Così Padre Mario nella presentazione del volumetto Dulzago e la Badia di San Giulio, 1980).

I calderoni


Forse, a rendere più cara e diversa questa ricorrenza, è quella gioiosa cornice esterna - di pietre e di archi - è quel minestrone profumato che persone di buona volontà preparano all'aperto; il pigia pigia della gente attorno ai sette calderoni di rame; la gioiosa attesa di un mestolo di fagiolata e di un pezzo di pane benedetto. "L'ospitalità era, è un cardine della vita monastica. Gli ospiti siano accolti come Cristo in persona. L'accoglienza è il pane spezzato e condiviso della pace."

E' un ricordo bello che vive tuttora nella fagiolata annuale.

La benedizione

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Comunità della Badia di Dulzago